L’infarto cardiaco parte dall’intestino?
Sono appena tornato da un interessante congresso organizzato dall’American College of Gastroenterologists a Stresa (VB), grazie all’organizzazione del prof. Scarpignato, governatore per l’Italia dell’associazione.
Molti sono stati gli spunti interessanti, ma mi voglio focalizzare in particolare sulla comunicazione del prof. Vakil dell’università di Milwaukee, WI, USA, che ha parlato dell’impatto della dieta nella modifica del microbiota intestinale.
Ha presentato i dati di uno studio pubblicato l’anno scorso, in cui si dimostrava che l’alimentazione ricca in grassi saturi (quelli prevalentemente di origine animale) comporta un notevole aumento nella percentuale dei Bacteroides, che sono specie batteriche che producono molecole promuoventi l’infiammazione, sia a livello intestinale che sistemico. Infatti, nei soggetti con malattie infiammatorie croniche dell’intestino la percentuale di questo tipo di batteri è già stata dimostrata come notevolmente aumentata.
Quello che c’è di nuovo è che anche i pazienti con malattie cardiovascolari hanno un aumento di questi batteri intestinali. Questi batteri sono responsabili della produzione di LDL, il colesterolo “cattivo” che si accumula nelle arterie e con un processo infiammatorio porta alla fine all’infarto cardiaco o all’ictus. Di conseguenza, nonostante siano ormai anni che è ben noto che il panino del fast food conduce alle malattie cardiovascolari, ora sappiamo il perché: è nell’intestino la chiave di tutto il processo fisiopatologico. Spero che verranno proposti studi finalizzati alla modulazione del microbiota anche in questo tipo di pazienti, in modo da proporre ulteriori armi terapeutiche per la prevenzione delle malattie cardiovascolari.
Per il momento è utile ricordare brevemente quali siano le fonti principali di grassi saturi: carne rossa, formaggi, burro, gelati, olio cotto, cibi raffinati industrialmente… Meno se ne mangiano meglio è.