Il 15 marzo è la Giornata Nazionale per i disturbi alimentari, anche noti come disturbi del comportamento alimentare. I due più noti sono l’anoressia e la bulimia, ma anche l’obesità può essere considerata a pieno titolo un disturbo alimentare. Ne esistono comunque molti altri (binge eating disorder, feeding disorders, ortoressia…) che possono avere grosse conseguenze sulla qualità di vita di una persona. In ogni caso, i pazienti con questo tipo di problematica sono caratterizzati da un “persistente disturbo dell’alimentazione o di comportamenti collegati con l’alimentazione che determinano un alterato consumo o assorbimento di cibo e che danneggiano significativamente la salute fisica o il funzionamento psicosociale”, secondo la classificazione DSM-5.
Promuovere una giornata nazionale dedicata a questo permette di aumentare la consapevolezza su queste problematiche, da cui si può guarire solo dopo aver acquisito piena consapevolezza del problema.
L’anoressia e la bulimia sono due facce della stessa medaglia, ed infatti è molto frequente che le persone che presentano uno o l’altro problema possano variare nel corso del tempo tra una condizione e l’altra. Entrambi i disturbi nascono da una sopravalutazione del paziente dell’importanza della forma e dell’aspetto fisico, che negli ultimi decenni ha ricercato come canone di bellezza la magrezza. Di conseguenza, per poter raggiungere un peso sempre minore il paziente tende a rifiutare il cibo evitando di alimentarsi (nell’anoressia) oppure a indursi consapevolmente il vomito dopo aver mangiato al fine di non assimilare nutrienti che possano aumentare il peso (nella bulimia).
Col tempo la distorsione della percezione del proprio peso può indurre il paziente ad una malnutrizione cronica, che comporta dalla semplice carenza di energia, fino a danni organici permanenti (scomparsa del ciclo mestruale, difficoltà di concentrazione e memorizzazione, insufficienza renale).
I problemi a livello dell'apparato digerente
L’apparato digerente è fortemente coinvolto nei disturbi alimentari.
- Nelle forme più gravi la carenza di elettroliti (sodio, potassio, cloro, magnesio ecc) nel circolo sanguigno fa sì che si creino degli squilibri anche a livello delle cellule dell’epitelio intestinale, con vaste aree di morte cellulare visibili endoscopicamente come delle ulcerazioni simili a quelle visibili nelle malattie infiammatorie croniche.
- Anche nelle forme meno gravi si osserva quasi sempre un certo grado di disidratazione, che sottopone il colon ad un super-lavoro di riassorbimento dei liquidi, con produzione di feci estremamente dure e difficili pertanto da evacuare: è infatti frequentissimo che i pazienti con disturbi intestinali abbiano una stipsi molto difficile da trattare.
- Altro punto fondamentale è lo squilibrio che viene indotto a livello del microbiota intestinale, dal momento che la carenza cronica di nutrienti non coinvolge solo il paziente, ma anche la sua popolazione microbica. A questo livello vengono quindi selezionati i ceppi più resistenti alla carenza energetica, con perdita pressoché totale di numerosissime specie benefiche, necessarie per il mantenimento di un equilibrio. La diretta conseguenza di questo squilibrio è un aumento della produzione di gas, che gonfia l’addome del paziente, che conseguentemente tende a vedersi paradossalmente più grasso man mano che passa il tempo. Talvolta, lo squilibrio è così importante che si possono avere episodi di diarrea acuta con dolore addominale di notevole entità.
- Anche a livello epatologico i disturbi alimentari causano un grave danno. Nel fegato infatti si trovano parte delle riserve energetiche dell’organismo, “stivate” nelle cellule epatiche sotto forma di glicogeno. Il paziente con anoressia con l’andare del tempo consuma pressoché totalmente le riserve di glicogeno epatico, con conseguente rischio di morte delle cellule epatiche. Infatti, non è raro che si veda in questi pazienti un aumento delle transaminasi, due enzimi contenuti all’interno delle cellule epatiche, che può essere quindi una spia di danno epatico.
È importantissimo riconoscere e trattare questi disturbi quanto prima, a cominciare notando alcuni piccoli segnali, come può essere l’eccessiva attenzione al mangiare sano (“ortoressia”) o al calcolare l’apporto calorico di ciascun alimento. Questi segnali vanno intercettati soprattutto nelle persone più a rischio, cioè le ragazze in età adolescenziale o pre-adolescenziale. Un consulto con un medico o con un nutrizionista può essere sempre utile in questi casi.