In questi ultimi giorni si sta scatenando il panico per l’arrivo (ampiamente atteso) del famigerato Coronavirus n-COVID-19 in Italia.
Fermo restando che le reazioni di panico e il regime di clausura sono totalmente immotivati, dal momento che in più dell’80% il virus si comporta né più né meno come una normale influenza stagionale, una preoccupazione più che legittima coinvolge i pazienti immunodepressi. Infatti, in tutti i casi in cui una malattia (immunologica, virale o, più frequentemente, oncologica) o dei farmaci riducono l’efficienza del sistema immunitario, una infezione virale che normalmente si risolverebbe senza troppi problemi può diventare più pericolosa. Questo è vero più o meno per tutti i virus, e il Coronavirus non fa eccezione.
In ambito gastroenterologico utilizziamo frequentemente degli anticorpi monoclonali, più conosciuti come “farmaci biologici”, per il trattamento delle forme moderate e gravi delle malattie infiammatorie croniche intestinali. Questi farmaci vanno ad interagire con il sistema immunitario e sono associati ad un aumento del rischio di infezioni. E’ inoltre noto che le infezioni virali (come quelle da EBV e CMV) hanno un decorso più severo nei pazienti trattati con questi farmaci.
Per quanto riguarda il Coronavirus, ovviamente non sono ancora disponibili dati che coinvolgano i pazienti con malattie infiammatorie croniche dell’intestino, né tantomeno quelli trattati con farmaci biologici, ma è lecito attendersi che nei pazienti che non sono trattati con un farmaco immunosoppressivo l’infezione decorra esattamente come nella popolazione generale (quindi con un BASSISSIMO rischio di sintomatologia grave). I pazienti in terapia con farmaci biologici, invece, devono avere qualche precauzione in più, prima fra tutte lavarsi le mani spesso ed evitare i luoghi particolarmente affollati. Sicuramente, sospendere il farmaco biologico per la paura di contrarre il virus non è una scelta sensata, dal momento che la sospensione del farmaco è associata ad un aumento del rischio di riacutizzazione della malattia infiammatoria, eventualità molto più pericolosa dell’infezione da Coronavirus.
Per quanto riguarda le mascherine, ci tengo a ribadire che le mascherine “da farmacia” che si vedono sui treni in questi giorni non servono ad evitare le infezioni virali, ma bensì ad evitare che i propri bacilli possano propagarsi (cosa peraltro più che apprezzabile, nell’eventualità in cui una persona abbia una sospetta malattia virale). Per evitare che i germi di altre persone possano entrare nel nostro organismo occorrono le mascherine FFP2. A questo proposito, anche l’associazione dei pazienti con malattie infiammatorie AMICI suggerisce l’utilizzo di queste mascherine nei pazienti in terapia con farmaci biologici, e trova tutta la mia approvazione.