Ultimamente il dibattito sul cibo “BIO” è molto in voga… La diffidenza verso i vegani, i salutisti incalliti e i più integralisti del cibo sano è cresciuta a dismisura negli ultimi tempi per l’atteggiamento un po’ troppo dogmatico di molti amanti del “bio”, tanto che sui social sono nati gruppi estremisti, perfino politicizzati…
Dall’altro lato, abbiamo il junk food nella peggiore accezione del termine, cioè con milioni e milioni di persone che mangiano male sapendo di farlo e considerando la cosa un motivo di vanto…
In mezzo, la maggioranza delle persone mangia quello che ritiene più giusto affidandosi essenzialmente a due cose: il gusto e la praticità. Del gusto ne parleremo prossimamente, mentre per la praticità non si può negare che un panino in un fast food o la cotoletta surgelata già pronta da mangiare sia più semplice che andare tutti i giorni dall’ortolano a compare la verdura più “Bio” che c’è… D’altra parte, il “Bio” sarà anche meno pratico, più costoso e più radical-chic, ma ha degli enormi vantaggi sia a breve che soprattutto a lungo termine…
Voglio segnalarvi questo importantissimo articolo uscito recentemente su JAMA Internal Medicine, una nota rivista scientifica di medicina interna, condotto in Francia da Maggio 2009 a Novembre 2016 su una popolazione di quasi 70000 adulti: i partecipanti sono stati seguiti prospetticamente nel tempo ed hanno compilato dei questionari sul numero di volte in cui hanno assunto cibo biologico nel corso delle loro giornate, costituendo così uno score che stratificasse i pazienti sulla base di questo parametro. Come era facile da immaginare, hanno dimostrato un maggior rischio di incidenza di tumori di vario tipo nei pazienti che avevano punteggi di score più bassi, che quindi assumevano più raramente alimenti biologici.
Si perderà più tempo e costerà sicuramente di più fare una spesa biologica, ma uno sforzo in più è un regalo che ci facciamo per il domani.