Abbiamo recentemente parlato di come lo stress della quarantena possa avere delle conseguenze biologiche sul nostro organismo. Oggi cercherò di spiegarvi il motivo per cui l’apparato gastrointestinale è spesso il bersaglio della somatizzazione dello stress e come poter intervenire per migliorare i sintomi.
La parete del nostro tubo digerente contiene milioni di neuroni interconnessi tra loro, così come avviene nel nostro cervello. Infatti, è opinione comune quella di definire l’intestino un “secondo cervello”. Mentre a livello cerebrale a fronte di una importante componente inconscia esiste una notevole componente volontaria nel controllo degli stimoli, il controllo volontario che possiamo esercitare sui neuroni intestinali è pressoché nullo, ed infatti questo fa parte del “sistema nervoso autonomo”.
Dal punto di vista fisiologico, invece, il nostro secondo cervello si comporta esattamente come il primo, e cioè reagisce agli stimoli esterni mediante attivazione di processi chimici intra- e extra-cellulari. Le sostanze che vengono prodotte fungono da messaggi che si possono esplicare localmente (ad esempio, mediare la contrazione intestinale), oppure arrivare al sistema nervoso centrale. Allo stesso modo, i neuroni cerebrali possono facilmente mandare messaggi a quelli del sistema nervoso enterico. Di conseguenza, si viene ad instaurare un vero e proprio asse tra l’intestino e il cervello.
Molti studi hanno dimostrato che questa forte interconnessione sia alla base dei sintomi gastrointestinali tipici delle malattie funzionali (tipo la sindrome dell’intestino irritabile o la dispepsia). Uno dei più significativi ha valutato 1775 soggetti, confrontando la relazione tra la presenza dei sintomi e i livelli di ansia e depressione, sia basali che dopo un lungo follow-up (12 anni). Ciò che è emerso è che la presenza di elevati livelli di ansia è fattore di rischio indipendente per lo sviluppo dei sintomi gastrointestinali, ma, nei pazienti con normali livelli di ansia basali, la comparsa dei sintomi gastrointestinali è in grado di incrementare significativamente i livelli di ansia e depressione valutati nel corso del tempo.
L'azione sul microbiota
Le tipiche sostanze che vengono prodotte in conseguenza dello stress (catecolamine e cortisolo) hanno inoltre una azione diretta sulla flora batterica intestinale: infatti, possono ridurre le specie batteriche del phylum Bacteroidetes favorendo la crescita dei Firmicutes, più frequentemente associati alla produzione di gas e alla contrazione spastica della muscolatura intestinale. Il meteorismo e gli spasmi addominali dolorosi sono infatti i sintomi cardine della sindrome dell’intestino irritabile.
Inoltre, molti modelli animali hanno dimostrato come le condizioni di stress, soprattutto in età precoce, possano favorire un aumento della permeabilità intestinale, con passaggio di batteri intestinali nel circolo sistemico. Questa condizione, detta leaky-gut syndrome, induce una blanda infiammazione sistemica che può avere dei risvolti a lungo termine sull’organismo, soprattutto dal punto di vista metabolico.
Interagire su questo complesso meccanismo fisiopatologico non è facile, soprattutto perché è ovviamente fondamentale una personalizzazione della terapia. Per questo motivo la sindrome dell’intestino irritabile dovrebbe essere sempre gestita in ambito specialistico, soprattutto se in età giovanile.