La malattia di Parkinson è una malattia neurodegenerativa che causa principalmente sintomi neuromuscolari, come il tremore a riposo o il rallentamento del movimento (bradicinesia). E’ dovuta alla degenerazione delle cellule della Sostanza Nera del cervello, che sono responsabili della produzione di Dopamina, un neurotrasmettitore che ha diversi ruoli a livello cerebrale. Nel caso della malattia di Parkinson, la carenza di dopamina a livello dei gangli della base è responsabile delle difficoltà motorie presenti nella quasi totalità dei pazienti, dal momento che queste strutture sono le responsabili dell’attivazione dei neuroni che controllano il movimento volontario e involontario (motoneuroni).
Oltre ai sintomi neuromuscolari, la stragrande maggioranza dei pazienti affetti da malattia di Parkinson presenta anche sintomi gastrointestinali, come ad esempio la stipsi, la disfagia e la digestione difficoltosa (dispepsia).
Stipsi
La stipsi è il sintomo gastrointestinale più frequente della malattia di Parkinson, e si può sviluppare anche molti anni prima dello sviluppo dei sintomi motori. E’ legata a molti fattori patogenetici, ma il meccanismo fisiopatologico principale è simile a quello che regola le problematiche del sistema motorio scheletrico: la carenza di dopamina a livello cerebrale fa sì che i nuclei del sistema nervoso autonomo non attivino correttamente i neuroni responsabili dell’attivazione muscolare. Nel caso dei neuroni intestinali, sono i muscoli lisci dell’intestino che hanno una contrazione inefficace con conseguente rallentamento della peristalsi e, conseguentemente, del transito del materiale fecale verso il retto.
Una volta che le feci arrivano al retto, però, il paziente con malattia di Parkinson ha anche spesso una difficoltà di espulsione del materiale fecale (defecazione dissinergica), legata al danno dei neuroni che regolano la contrazione dei muscoli dell’addome e del pavimento pelvico.
Infine, va segnalato che il paziente con malattia di Parkinson ha una mobilità decisamente ridotta rispetto allo standard, che tende peraltro a peggiorare nel corso della malattia… L’attività fisica stimola la peristalsi intestinale e migliora la stipsi attraverso un meccanismo complesso che coinvolge anche neurotrasmettitori come la motilina e la serotonina, inducendo l’attività dei neuroni del sistema nervoso enterico. Nella malattia di Parkinson viene spesso a mancare questo stimolo e si instaura così un circolo vizioso.
Disfagia e dispepsia
A differenza della stipsi, la disfagia è un sintomo che compare nei pazienti affetti da malattia di Parkinson in fase piuttosto avanzata. E’ solitamente legata alle problematiche di coordinazione muscolare che si innescano in questi pazienti quando i nuclei della base sono in carenza di dopamina per molto tempo. Infatti, la disfagia nella malattia di Parkinson è tipicamente “alta”, cioè localizzata nella parte alta dell’esofago e spesso addirittura nella fase deglutitoria, in cui la contrazione dei muscoli della bocca e della lingua non è efficace e non è coordinata con la muscolatura della faringe per far transitare il bolo alimentare nell’esofago.
Inoltre, la perdita del controllo motorio “fine” e la secchezza delle fauci (xerostomia), frequentemente presente nel Parkinson anche indotta dalle terapie, spesso fa sì che questi pazienti non riescano a formare un bolo alimentare facile da deglutire, innescando anche in questo caso un circolo vizioso che si aggrava progressivamente.
Va inoltre segnalato come il danno ai neuroni del sistema nervoso enterico sopra descritto per la stipsi possa anche essere responsabile di una ridotta efficacia della contrazione dei muscoli dell’esofago (con insorgenza di disfagia) e dello stomaco (con insorgenza di dispepsia, che talvolta è così importante da indurre gastroparesi).
Microbiota e Parkinson
I pazienti con malattia di Parkinson hanno spesso uno squilibrio del microbiota intestinale (disbiosi). In parte, la stipsi può essere responsabile della disbiosi, dal momento che la persistenza del materiale fecale nell’intestino induce un incremento di alcune specie batteriche (principalmente Gram-). Anche i farmaci che vengono comunemente utilizzati nel trattamento della malattia di Parkinson (a base di analoghi della dopamina) possono avere un effetto diretto sul microbiota andando a incrementare o a ridurre alcune specie batteriche.
Inoltre, bisogna ricordare come l’intestino e il cervello siano in stretta comunicazione tramite il nervo vago, il sistema nervoso autonomo e i segnali immunologici, come avevamo già approfondito in questo articolo. Nel Parkinson, questa comunicazione è compromessa, dal momento che i neuroni del sistema nervoso enterico sono danneggiati dalla malattia. Di conseguenza, alcuni neuromediatori che normalmente riescono a controllare la crescita di determinate specie batteriche possono essere prodotti in minor concentrazione, con conseguente sovracrescita batterica.
Allo stesso modo, anche la disbiosi intestinale può influenzare significativamente lo sviluppo e il decorso della malattia di Parkinson, perché alcuni metaboliti batterici (ad esempio, l’acido butirrico) hanno direttamente una funzione trofica per i neuroni, così come alcuni batteri producono molecole che possono alterare il metabolismo della dopamina (come la L-DOPA decarbossilasi batterica), influenzando direttamente i sintomi motori. Va anche rimarcato come la disbiosi possa causare una lieve infiammazione subclinica a livello intestinale, che però può indurre una aumentata permeabilità intestinale che facilita il passaggio in circolo di tossine batteriche che possono essere anche direttamente neurotossiche. Per questo motivo, si suppone che la malattia di Parkinson possa avere una partenza dal microbiota intestinale, similmente a ciò che si sta osservando nei disturbi dello spettro autistico, come avevamo approfondito in questo articolo.
Le terapie
Per il momento, è molto utile che i pazienti affetti da malattia di Parkinson eseguano una valutazione gastroenterologica per gestire al meglio i sintomi gastrointestinali. Molto spesso grazie alla terapia medica si riescono a contrastare efficacemente tutti i sintomi gastrointestinali, anche nelle fasi più avanzate della malattia neurologica.
In futuro, è possibile che si possano sviluppare terapie personalizzate dirette sulla modulazione del microbiota intestinale, che potrebbero potenzialmente migliorare anche i sintomi neuromuscolari ed il decorso della degenerazione neuronale.